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martedì 11 dicembre 2012

Ricordi di Flavio Fiorletta tratti da “ Cinquant’anni di storia del calcio ad Alatri” a cura di Rolando Mignini

Sul finire degli anni quaranta l’ U.S. Alatri calcio si iscrive al campionato di prima divisione, ma la rosa dei giocatori deve assolutamente essere rinforzata. Flavio Fiorletta, tra i dirigenti di  allora della società sportiva a questo proposito racconta a Rolando Mignini : “Inizialmente ci siamo rivolti al vicino centro delle Fraschette dove sapevamo che erano ospitati grandissimi campioni. Uno su tutti: Kubala. Ricordo che non si volle inizialmente prendere nessuno da Frosinone a causa della rivalità sportiva. Mi viene in mente uno yugoslavo: Pesaski, che era arrivato in Italia da clandestino, dopo aver scavalcato la rete al confine. Plicik, che si trasformò in portiere per le nostre esigenze, con dei risultati strabilianti. Oltre alle ginocchiere si metteva anche le gomitiere.

Poi due ungheresi: il leggendario Thot e Zoltan personaggio molto schivo. Quest’ultimo correva per tutta la gara in prossimità della linea laterale e sistematicamente rimetteva al centro dei palloni millimetrici. Un austriaco: Herbert che di pallone non capiva niente ma che aveva un fiato inesauribile; il suo compito era di disturbare ai quattro angoli del campo gli avversari con il pallone ai piedi. Insomma un guastatore chiamato a fare movimento ed effervescenza.”

Insomma   un’autentica multinazionale del calcio che in quell’epoca in Italia non poteva permettersi nessuno o quasi. “Indubbiamente! Lasci che le racconti un episodio che sintetizza bene l’incredibile Alatri di allora. Andammo a Pontecorvo per una gara di campionato. In squadra avevamo la bellezza di quattro nazionali ungheresi. Tutti rigorosamente sotto falso nome. Uno in particolare, Pesaski, che poi farà per noi anche l’allenatore, non sapeva assolutamente nulla di italiano. Al momento dell’appello quando sentiva pronunciare il cognome Bauco, doveva solamente alzare il braccio e rispondere: Sisto. Le posso assicurare che era un autentico squadrone”(…)“Ci accorgemmo presto che questa situazione non poteva radicarsi. Questi stranieri, seppure dei fuoriclasse, vivevano una situazione per loro drammatica. Non dimentichiamoci che erano fuggiti dai loro paesi per svariati motivi. Mal nutriti, lontano da casa, senza nessuno vicino, con un futuro incertissimo, era impensabile vederli giocare al meglio, anche se il calcio per il loro futuro rappresentava un’occasione di reinserimento in una vita normale importantissima. Vedi il caso degli ungheresi Kubala e Puskas in Spagna.

In quel tempo poi si verificò un fatto decisamente grave. Fra i giocatori delle Fraschette che utilizzavamo c’era uno yugoslavo di nome Smoliza che aveva giocato anche con la Reggina. Sul campo era un fenomeno. I suoi compagni vennero a sapere che in realtà faceva la spia alle autorità del suo paese e proprio alla polizia slava aveva spiattellato tutti i nomi dei suoi connazionali rifugiati alle Fraschette. La conseguenza fu che in Yugoslavia tutti i parenti di questi ragazzi rifugiati da noi, subirono delle azioni repressive ovviamente per una sorta di vendetta. Non so come ma qui lo vennero a sapere e per Smoliza si rivelò decisamente conveniente la decisione di cambiare aria. Che fine abbia poi fatto non si è mai saputo con certezza, forse è rientrato a Pola.”



Anche Carlo Costantini, che a quel tempo era dirigente della Gioventù di Azione Cattolica di Alatri, ricorda qualcosa degli atleti ungheresi internati nel Campo Le Fraschette; in particolare di un giocatore di calcio di cui ricorda solo il nome, Vig, al quale chiese di seguire la squadretta di calcio dell’Associazione.
Vig, ricorda Costantini, accettò con entusiasmo pur sapendo che il compenso che saltuariamente gli poteva passare l’Associazione era veramente piccolo. Si presentava puntualmente sull’Acropoli, dove si svolgevano gli allenamenti all’appuntamento con i ragazzi e pur conoscendo solo pochissime parole di italiano riusciva a guidarli con la sua esperieza e la sua classe.

dal libro "le Fraschette di Alatri da campo di concentramento a centro raccolta rifugiati e profughi" di Costantini e Figliozzi

Con preghiera di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo 

 Le foto- tratte dal libro di Mignini -sono state concesse da Filippo Petricca

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