Fraschette: Centro Raccolta Connazionali
profughi
Dagli anni ’60 inizia l’ultima
parte della storia del Campo Le Fraschette. Una storia che è legata alla fine
del colonialismo, quando nazioni come l’Egitto, la Tunisia e poi la Libia decretarono
nazionalizzazioni ed espulsioni degli immigrati europei.
In Tunisia, partiti i Francesi nel 1956, i governanti di uno stato ormai indipendente lanciarono una progressiva opera di “tunisificazione”
della nazione. Nel 1958 fu imposta l’assunzione di apprendisti di nazionalità tunisina;
ai commercianti fu concesso un permesso solo provvisorio e revocabile, “in quanto le attività commerciali potevano
essere esercitate soltanto da cittadini tunisini”; anche i contadini furono
penalizzati: dal 1964 furono nazionalizzate le terre possedute da stranieri.
Dunque le condizioni economiche degli italo-tunisini subirono un deciso
peggioramento. Tutti questi provvedimenti indicavano agli italiani residenti in
Tunisia un futuro privo di prospettive e
ne incoraggiarono il rientro in patria.
Anche l’Egitto, a seguito della “crisi di Suez” del 1956 adottò severe
misure interne per liberare il paese dai residenti stranieri: decretò
l’espropriazione e la nazionalizzazione dei beni di tutti i cittadini degli
stati coinvolti nella crisi, adottò crescenti restrizioni sull’impiego di
manodopera straniera, bloccò i loro risparmi e ne decretò l’espulsione
costringendo i nostri connazionali a lasciare l’Egitto.
In Libia il cambiamento di regime avvenuto in seguito al colpo di
Stato del 1° settembre 1969 e l'ascesa di Gheddafi al potere portarono in pochi
mesi all'adozione di misure sempre più restrittive nei confronti della
collettività italiana, fino al decreto di confisca del 21/7/1970, emanato per
"restituire al popolo libico le
ricchezze dei suoi figli e dei suoi avi usurpate dagli oppressori".
Gli Italiani, privati di ogni loro bene, furono sottoposti ad inutili vessazioni e costretti a lasciare il Paese entro il 15 ottobre del 1970.
Gli Italiani, privati di ogni loro bene, furono sottoposti ad inutili vessazioni e costretti a lasciare il Paese entro il 15 ottobre del 1970.
Questa sorte toccò, ovviamente,
anche a molti nostri connazionali che vennero ospitati nel Centro Raccolta
Profughi di Alatri.
Fu in questo periodo, infatti,
che il Campo Le Fraschette entrò nella sua “terza fase”: i capannoni furono
ristrutturati e resi più fruibili, pronti ad ospitare gli italiani che vennero
rimpatriati, ad ondate, per un decennio almeno.
Il 30 settembre 1960 il centro
entrò ufficialmente in funzione.
Le regole all’interno del Campo
non erano così restrittive come lo erano state fino ad allora per i rifugiati
politici. Nonostante ci fossero delle guardie a presidiare il centro, i
profughi godevano di maggiori libertà: potevano entrare ed uscire liberamente,
alcuni lavoravano, i giovani andavano a scuola e non molte erano state le
difficoltà d’integrazione .
Nei pomeriggi d’estate i ragazzi
giocavano a pallone con i loro coetanei che, dal centro della città, si
recavano a piedi alle Fraschette dove li aspettava un grande campo, immerso nel
verde,.
Più di qualche testimone
dell’epoca, ricordando quegli anni, ha messo in luce come vivere lì fosse come
vivere in una grande colonia: tutti insieme in un piccolo “villaggio”.
Era una quotidianità strana,
ricostruita in breve tempo. Una realtà provvisoria che doveva servire in
qualche modo a dare la garanzia di un appoggio a coloro che tutto avevano perso
e tutto avrebbero dovuto riconquistare.
L’ organizzazione del Campo e la vita dei profughi sono ben
descritti nella “Relazione sull'andamento
del Centro Raccolta Connazionali profughi della Tunisia, Egitto, Congo, Angola
e Tangeri, sito in località "Le Fraschette" del Comune di Alatri”
che il direttore del Campo dott. Antonino Di Franco invia il 13 ottobre 1961 al
Prefetto.
“Nella qualità di Direttore del Centro Raccolta Profughi "Le
Fraschette" pregiomi riferire a V.E. circa l'andamento del centro stesso
che ospita alla data odierna 970 profughi provenienti dalla Tunisia e
dall'Egitto e che ha iniziato a funzionare il 30/9/1960.
Il Centro di cui trattasi è stato istituito nell'estate dello scorso
anno previ opportuni lavori di trasformazione e di adeguamento dei corpi di
fabbrica preesistenti e facenti parte del disciolto Centro Raccolta Profughi
Stranieri, gestito dalla Direzione Generale della P.S.
A seguito dei lavori anzidetti sono stati ricavati e resi disponibili
n.236 ambienti di varie dimensioni e destinati ad alloggi per altrettanti
nuclei familiari.
Detti ambienti, distribuiti in venti padiglioni, sono tutti muniti di
finestre tali da assicurare la più perfetta luminosità e l'areazione
necessaria.
Ciascun padiglione è servito da propri servizi igienico-sanitari
opportunamente distinti per uomini e donne e adeguati alla bisogna.
II nuovo Centro, che occupa una superficie di oltre 20 ettari consta di tre
sezioni denominate: Anticampo, Campo I e Campo II.
La capacità ricettiva totale, calcolata - in sede di previsione sulla
media di 5 unità per ciascun nucleo familiare venne inizialmente determinata in
1.300 posti circa. In effetti, la diversa composizione dei nuclei familiari
(composizione media 3/4 persone) ha ridotto la capacità complessiva massima a
1000 unità.
Anticampo: nell'anticampo sono situati tutti gli uffici della
direzione del Centro, il Comando del Posto Fisso di Polizia, l'Asilo infantile,
il magazzino, la cabina elettrica e due padiglioni destinati ad alloggio per i
profughi con una capacità ricettiva di circa 180 posti.
Campo I: Nel Campo I oltre ad una delle due cucine (capaci
ciascuna di 750 razioni) ed alla infermeria, sono siti otto padiglioni, alloggi
con una disponibilità di n.66 stanze e con una capacità ricettiva di n.220
posti.
Campo II: Nel Campo II è situata la seconda cucina, tre batterie
di docce - per complessive trenta cabine - tre lavatoi con tetto ed una moderna
e funzionante scuola elementare costruita, a spese del Ministero della Pubblica
Istruzione da una Ditta specializzata con elementi prefabbricati.
Vi sono, inoltre, otto padiglioni alloggi, con una disponibilità di
n.128 stanze e con una capacità ricettiva di circa 600 posti.
Ogni stanza è arredata con letti, tavolo e sgabelli.
I materassi, i cuscini e gli altri effetti letterecci, nonché le
stoviglie e le posate vengono consegnati a ciascun profugo all'atto dell'arrivo
al Campo.
Infermeria: è costituita da quattro corsie, di cui una in grado
di funzionare come camera d'isolamento e dall'ambulatorio medico, è servita da un
numero sufficiente di docce e gabinetti.
L’infermeria, che ha una capacità ricettiva massima di 30 posti letto,
è dotata di tutto il materiale sanitario, chirurgico ed ambulatoriale
occorrente.
All' acquisto dei medicinali provvede questa Prefettura in conformità
delle istruzioni a suo tempo impartite dal Ministero dell’Interno con la
circolare a stampa n.68 del 25/5/1950.
Posto Fisso di Polizia: è sistemato in un padiglione
dell'anti-campo ed è costituito da 5 militari alle dipendenze di un brigadiere
di P.S.
Uffici Amministrativi: l'amministrazione del Centro, presso il
quale si avvicenda in missione lo stesso personale di questa Prefettura
(autorizzazione ministeriale n. m/334043 del 26/8/1960 della Direzione Generale
AA.GG. e Personale), si articola nei seguenti reparti: Direzione, Segreteria,
Movimento e Statistica, Economato, Magazzino e Copia.
La direzione sanitaria del Centro è affidata al Dott. Paride
Baldassarre - libero professionista - residente in Alatri.
Il servizio religioso è affidato al Rev. Don Gino Tomassi.
Al dott. Baldassarre ed al Rev. Tomassi viene corrisposto mensilmente
il compenso rispettivamente di £.42.000 e 21.000, fissato dal Ministero.
II servizio
mensa è espletato dalla Ditta Carlo Alberto Giordano di Napoli, che se l'è aggiudicato
a seguito di regolare gara (licitazione privata) alla quale hanno partecipato 6
Ditte delle 25 invitate.
La gara è stata
effettuata da questa Prefettura in base ad alle apposite direttive del
Ministero.
Il vitto, confezionato, a seconda dell'età degli ospiti, sulla base di
tre distinte tabelle dietetiche (all. A, B e C) approntate dal Ministero
dell'interno e con le migliorie apportate dalla Ditta vincitrice della gara di
appalto, è sano ed abbondante, tanto è vero che più di qualcuno degli assistiti
vende ai contadini della zona parte del vitto di sua spettanza.
Per l'espletamento del servizio la Ditta si avvale di personale proprio, attualmente
costituito dal rappresentante della Ditta, da un capo cuoco, due cuochi, 6
aiutanti di cucina, 6 garzoni e un magazziniere.
La vigilanza, circa l'esatta applicazione da parte della Ditta Giordano
delle clausole contrattuali, è particolarmente rigorosa in quanto esercitata,
oltre che dalla Direzione del Centro, che si avvale a tal fine anche della
collaborazione del personale di P.S. in
servizio al locale Posto Fisso, anche da una commissione di controllo composta
da tre profughi liberamente e periodicamente (ogni 30 gg.) eletti da tutti i
capi famiglia ospiti del Centro.
Al controllo della commissione anzidetta si aggiunge poi quello
effettuato, assai frequentemente, dal Sanitario sotto il profilo igienico e qualitativo delle derrate
alimentari e della confezione delle
vivande.
L'ottimo trattamento vittuario, la completa assistenza sanitaria,
scolastica, religiosa, ricreativa (esiste nel Centro un moderno e spazioso bar
con annessa sala televisiva), la più cordiale comprensione da parte della
Direzione nei confronti dei connazionali assistiti ha creato in costoro un
senso di fiducia e di gratitudine verso l'Autorità centrale e provinciale che è
valso, peraltro, a rendere meno ariste la loro situazione di profughi.
Per quando
attiene ordine ed alla disciplina della convivenza essa è perfetta. In 14 mesi
di funzionamento del Centro, non si è registrata alcuna protesta o lamentela di
fatto da parte degli assistiti. Anche sotto il profilo dell'ordine pubblico le
cose sono sempre andate nei migliori dei modi. L'unico reato verificatosi è
stato quello di ubriachezza molesta commesso da un profugo ora dimessosi nel
mese di ottobre dello scorso anno.
Come dianzi accennato, esiste nel Centro una scuola elementare di Stato
comprendente le cinque classi, con una popolazione scolastica di circa 125
unità.
Per quanto concerne l'Asilo Infantile - sono già pronti i locali - lo
scrivente ha già preso contatti con l' "Anno Mondiale del rifugiato” che a
quanto sembra provvederà a proprie spese all’acquisto della necessaria
attrezzatura didattico-ricreativa.
L'unica vera preoccupazione che assilla i profughi è quella del reinserimento
nella vita economico-sociale del Paese, preoccupazione maggiormente avvertita
in questa Provincia che conta già circa 15.000 disoccupati.
AI riguardo giova però ricordare che questa Prefettura non ha mai
mancato di svolgere ogni possibile intervento, d'intesa con l' Ufficio
Provinciale del Lavoro, al fine di agevolare i predetti connazionali nella
ricerca di una occupazione lavorativa.
L'azione svolta, pur se necessariamente condizionata dalla particolare
suaccennata situazione della Provincia di Frosinone, ha tuttavia sortito in
moltissimi casi esito positivo.
Il bilancio è dato dalle seguenti risultanze alla data odierna:
Connazionali assunti in forza dal 30/9/1960 (data di inizio di
funzionamento del Centro) n. 1795
Connazionali
dimessi perché avviati al lavoro n. 713
Al riguardo è opportuno precisare che la maggior parte dei dimessi era
in possesso di una qualificazione professionale, mentre per la maggioranza
degli attuali ospiti del Centro non può, purtroppo, dirsi altrettanto.
È appena il caso di rilevare, poi, che la maggior parte dei dimessi ha
trovato lavoro nel Nord Italia e precisamente nell'area del triangolo
industriale Torino-Milano-Genova.
L'assistenza a favore degli ospiti del Centro è prevista dalla legge
25/10/1960 n.1306 che estende ai connazionali rimpatriati dall'Egitto, dalla
Tunisia e da Tangeri le provvidenze spettanti ai profughi in base alle leggi
4/3/1952, n.137 e successive.
Tali provvidenze, oltre alla assistenza vittuaria ed alloggiativa nel Campo,
comprendono quelle sanitaria, ospedaliera, farmaceutica e specialistica.
Inoltre i minori, di età superiore agli anni 6, su richiesta dei
genitori, vengono ricoverati in idonei istituti con retta a carico dello Stato
e così pure, a loro richiesta, gli adulti inabili.
In base alle citate disposizioni legislative ai profughi che si
dimettono volontariamente dal Centro viene corrisposta, una tantum, il premio
di primo stabilimento di £. 50.000 pro capite nonché il sussidio giornaliero
post liquidazione di mesi 6 nella misura di £. 125 per il capo famiglia e £.100
per i componenti oltre la quota maggiorazione trattamento assistenziale di
£.564 mensili pro capite.”
Le misure di prima
accoglienza non costituivano certo la soluzione definitiva per risolvere i
problemi di cittadini italiani che avevano lasciato tutto quel che avevano
costruito nel tempo con il loro lavoro e
con la loro iniziativa, ed ora erano costretti
a ricominciare una vita dal nulla. Rimettere radici in un luogo a cui
era legata solamente la loro origine, ma non le loro esistenze fu tutt’altro
che facile e non per tutti fu possibile.
Erano pervasi dal senso di abbandono da parte
del Governo che, al momento del loro rientro in patria aveva espresso
rassicuranti prospettive per il loro futuro. Il desiderio di rifarsi una vita spesso
si scontrava con i meandri di una burocrazia a cui non erano abituati e che, al
contrario, avrebbe dovuto agevolarli dando attuazione alle leggi emanate in
loro favore.
Molti si rimboccarono le
maniche, cercarono dignitosamente un lavoro, si stabilirono in Alatri con le famiglie , inserendosi nell’attività
produttiva del paese. I ragazzi frequentando regolarmente le scuole sono oggi cresciuti e sono pienamente integrati nel contesto
sociale.
Molti altri, con il
sussidio dello Stato, abbandonarono il Campo e trovano occupazione specie nel
Nord Italia.
Agli inizi degli anni 70
il Campo ormai va svuotandosi, ma questo è il momento delle maggiori proteste e
dei maggiori disagi: a Le Fraschette sono rimasti gli anziani e i nuclei
familiari più sfortunati che il 15 novembre 1972 organizzano “una manifestazione di protesta per richiamare l’attenzione delle
autorità. I Carabinieri intervenuti per allontanare i profughi sono rimasti
muti dinanzi a madri con piccoli di quattro e cinque anni che non hanno nulla
da mangiare da giorni e la
Regione non paga da due mesi il sussidio di 664 lire al
giorno che spetta di diritto agli assistiti” (IL TEMPO Cronaca di Frosinone
16 novembre 1972).
Infine, il Decreto
Regionale del 1976 (dal 1972 le competenze in materia sono passate alla Regione
appena costituita) dispone l’abbandono del Campo che viene definitivamente chiuso.
Gli ultimi superstiti,
anziani e privi di mezzi, con il solo bagaglio delle loro vicende, portando con
sé storie ricche di esperienze umane e di vita vissuta, trovano rifugio presso la Casa di Riposo “G.B. Lisi”.
A tale proposito, una
particolare menzione merita “l’irriducibile” ex profugo Domenico Occhipinti,
nato a Tunisi il 3 gennaio 1927, che divenuto ospite della Casa di Riposo non
mancava di recarsi a piedi quotidianamente al “suo” Campo di Fraschette (dove
spesso anche dormiva) che lo aveva visto protagonista di tante battaglie in
favore degli internati.
dal libro "le Fraschette di Alatri da campo di concentramento a centro raccolta rifugiati e profughi" di Costantini e Figliozzi
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